Cambiamenti climatici pro e contro: se ne può davvero discutere?
Trovare nel fenomeno dei cambiamenti climatici, pro e contro, non è un’impresa ardua.
O meglio, conosciamo già (abbastanza bene) quelle che sono le problematiche.
Un po’ meno i casi fortuiti in cui questa crisi del clima può rivelarsi “positiva”.
Sarà pur vero che bisognerebbe guardare sempre le cose da più punti di vista.
Ma, in questo caso, per quanto possiamo sforzarci, l’unica cosa che sentiamo chiaramente è l’allarme lanciato dal pianeta.
Il fatto è che i cambiamenti climatici provocati dall’impronta ecologica dell’uomo sono strettamente connessi al nostro inquinamento.
E maltrattare la terra non può portarci a nulla di buono!
Certamente, il “nostro” mondo segue il suo percorso e va incontro ad una serie di processi incontrovertibili.
Il problema grosso lo generiamo quando al posto di vivere in equilibrio con certi fenomeni li aggraviamo e/o acceleriamo.
Abbiamo approfondito l’argomento, per esempio, nell’articolo sull’effetto serra antropico e naturale.
E così, al di là di qualsiasi “beneficio” potremmo trarre casualmente dai cambiamenti climatici abbiamo messo in atto una serie di azioni fondamentali. Per il nostro benessere!
Consapevoli dei rischi cui andiamo incontro di stiamo mobilitando per:
- la transizione ecologica;
- l’economia circolare;
- le energie rinnovabili;
- un cambiamento culturale senza precedenti.
Cambiamenti climatici: pro e contro da valutare?
Ci domandiamo quali sono i pro e contro dei cambiamenti climatici. E così, proviamo a vedere se davvero esiste un modo diverso per osservare quanto accade.
Uno studio, condotto da ricercatori della Stanford University, Banca mondiale e Purdue University, ha come protagonista l’agricoltura della Tanzania.
(Pubblicato sulla Review of Developmental Economics.)
Il clima più caldo e secco di alcune regioni del mondo, in determinati periodi, potrebbe colpirne le coltivazioni, provocando un aumento dei prezzi del cereale.
Dunque, si potrebbe trarre vantaggio da questo aumento.
Lo studio usa dati economici, climatici e agricoli. Poi, modelli computazionali per prevedere tempi particolarmente secchi. Nei prossimi nove decenni in Tanzania.
Ed anche nei suoi principali partner commerciali.
Il tutto in risposta al riscaldamento globale.
I ricercatori hanno visto quanto, Stati Uniti, India e Cina saranno caratterizzate da clima secco. Il 96% del tempo totale.
Così, la Tanzania godrebbe di un clima piuttosto umido e di condizioni favorevoli alla crescita.
Viceversa, quando il clima tanzaniano sarà arido, i concorrenti, avranno condizioni di umidità favorevoli ai raccolti.
Un mix di partner commerciali adeguati permetterebbe quindi a tutti questi paesi di premunirsi contro condizioni di aridità prolungata.
E ai Paesi come la Tanzania, di aumentare gli introiti derivanti dalle esportazioni.
Noah Diffenbaugh, coautore dello studio, è uno tra gli scienziati ambientali a Stanford.
“La Tanzania è un caso molto interessante, poiché ha il potenziale per beneficiare del cambio climatico, sempre che si rivelino corrette le predizioni del modello climatico riguardo a una diminuzione della siccità in Africa orientale”
Ovviamente le politiche commerciali dovrebbero essere progettate in modo da trarre vantaggi da queste “nuove opportunità”.
E’ già accaduto nella storia
Riguardo ai cambiamenti climatici, “pro e contro” sembra più una formula attraverso cui proviamo a chiederci se possiamo guardare il fenomeno attraverso un filtro differente.
Anche perché, è naturale, la cosa ci spaventa!
Ma la paura non dovrebbe diventare la scusa per prendere le distanze. O assecondare il fatto che “probabilmente” arriveremo a qualche effetto positivo.
Le devastazioni ambientali e l’inquinamento, intrecciando svariati fattori, per il momento portano soltanto difficoltà e pericoli.
È chiaro che lo studio sopra citato sottolinea come le politiche di governo possano influire nell’impatto sull’ambiente.
E quando ci siamo domandati in che modo la responsabilità personale sui cambiamenti climatici abbia un riscontro, abbiamo capito una cosa.
Solo facendo squadra possiamo raggiungere gli obiettivi prefissati. Per esempio nell’agenda 2030.
Purtroppo, i miti creati attorno al cambiamento climatico permeano ancora il discorso pubblico.
Che si tratti di negazionismo climatico radicale o distacco psicologico dal fenomeno, non ha veramente importanza. Per esempio, c’è ancora chi afferma che:
“Il cambiamento climatico è solo una naturale variazione”
Ovvero, che non sia (principalmente) causato dall’uomo, ma da cause naturali.
Secondo loro, la prova è che ci sono stati periodi caldi per il pianeta anche nel passato. (Oltre alle numerose ere glaciali.)
Con cambiamenti nel livello del mare di gran lunga maggiori rispetto ai pochi metri previsti dai modelli climatici.
Si! Risponde il 99% degli scienziati.
Il clima è stato più caldo in passato.
E questi periodi “caldi” sono stati anche associati a concentrazioni elevate di gas serra.
La differenza sostanziale è che la vita generalmente ha avuto il tempo di evolversi per gestire le condizioni modificate.
Nei periodi di riscaldamento improvvisi, invece, si è verificata l’estinzione di massa. Questo è stato il caso dell’estinzione di massa del Permiano. 252 milioni di anni fa.
Noto anche come “The Great Dying”.
Cambiamenti climatici: pro e contro o “distanza psicologica”?
Su quali pro e contro dei cambiamenti climatici potremmo soffermarci a riflettere quando attualmente le conseguenze sono negative?
Vero che il riscaldamento globale ha avuto luogo nella storia. Eppure, questo non è un argomento contro la mitigazione. Semmai il contrario.
Al tempo, le massicce eruzioni vulcaniche, hanno scatenato emissioni CO2 e gas nocivi, portando all’acidificazione degli oceani e alla fine della vita sulla Terra.
Vero che l’attività solare influenza la temperatura della Terra, come è accaduto nel Medioevo.
Tuttavia, quando si misurano l’impatto del sole, dei vulcani e di altri aspetti che influiscono sulle temperature, la componente sostanziale resta la CO2.
Dal 1970, la temperatura media globale è aumentata al ritmo di circa 170 volte. Rispetto al tasso degli ultimi 7.000 anni.
Se il sole fosse il driver primario, le temperature sarebbero scese!
Il cambiamento climatico, purtroppo, non scatena reazioni rilevanti (nei social) perché ci appare distante. Sia nel tempo che nello spazio.
Persino quando le previsioni sono vicine in termini temporali, la distanza psicologica rimane.
Lo spiega Simona Sacchi. Psicologa sociale dell’Università Milano Bicocca.
Anche se mancano solo pochi anni al 2030. (Data entro la quale, secondo molti, bisognerebbe raggiungere gli obiettivi prefissati.)
Quella data è percepita ancora come lontana.
Così come distanti geograficamente ci appaiono: il Polo Nord, il cui ghiaccio si sta sciogliendo, o l’Amazzonia, sconvolta dalla deforestazione.
“È questo divario spazio-temporale a determinare l’atteggiamento distaccato verso le tematiche ambientali”
Questa “distanza percepita” spinge a non credere a previsioni e fatti quotidiani nefasti. Come quelli di cui avverte l’Unione Europea.
Atteggiamento amplificato dal meccanismo difensivo della rimozione. Che usiamo inconsciamente in molti contesti.
Per scacciare le preoccupazioni!
“È un processo del tutto analogo a quello che mettiamo in atto nei confronti di altri pensieri ugualmente paurosi, come quello della morte, per esempio.”
Aggiunge la studiosa.