Economia Circolare UE: a che punto siamo in Europa?

ASM SET 12/giu/2020
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Di recente non si fa altro che parlare di economia circolare, sostenibilità, rispetto dell’ambiente e preservazione dell’ecosistema. 

Tutti concetti importanti che inglobano al loro interno degli obiettivi nobili: il pianeta Terra è la nostra casa ed è nostro dovere garantire il benessere della natura e di tutti gli esseri viventi che lo popolano.

Poi però, quando la TV ci mostra quelle immagini terribili di disastri ambientali, specie animali in via d’estinzione maltrattati e denutriti e altre atrocità, ci viene da chiederci: 

Cosa stiamo facendo nel mondo per promuovere un concetto di economia più sostenibile e sano? 

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L’ Economia Circolare nell’ UE è una realtà concreta o un ideale utopistico?

Quanto emerge dagli ultimi report in materia, è davvero preoccupante.

L’economia del nostro paese, nonostante gli sforzi e la promozione verso il passaggio ad un sistema economico del tipo circolare, risulta ancora saldamente ancorata ai processi produttivi lineari.

L’economia dell’ Europa, infatti, è ancora fortemente dipendente dalle risorse naturali, che vengono iper sfruttate nonostante siano limitate.

Ti basti pensare che attualmente nell’Unione Europea vengono utilizzate circa 16 tonnellate di materiali l’anno. Di queste, 10 tonnellate vengono impiegate nel settore edile e industriale, mentre ben 5 tonnellate diventano scarti di produzione e quindi rifiuti.

Solo un terzo di questi rifiuti viene conferito in discarica, mentre il resto viene disperso nell’ambiente provocando danni incalcolabili e, in definitiva, appena il 12% viene sottoposto a processo di riciclo o reintegrazione per conferirgli una seconda vita.

Hai idea di cosa potrebbe succedere se continuiamo a mantenere questo atteggiamento ancora a lungo?

La conseguenza più ovvia è che il degrado ambientale, lo spreco delle risorse e l’eccessiva produzione di rifiuti possa mettere a rischio le generazioni future e i paesi in via di sviluppo dalla possibilità di accedere a queste fonti in maniera equa.

Acqua, aria e terreni inquinati, ad esempio, sono uno dei problemi principali che minano al benessere delle popolazioni e dell’ambiente, incrementano lo sviluppo di malattie e impediscono l’approvvigionamento di cibo e acqua potabile.

Quanto tempo ci resta ancora da vivere su questo pianeta, se sono queste le condizioni che regolano lo sviluppo?

Economia circolare UE: normative e iniziative nell’Unione Europea

C’è un solo pianeta Terra. Eppure, entro il 2050, i nostri consumi aumenteranno come se di pianeti ce ne fossero tre.”

Con questa premessa, lo scorso 11 marzo la Commissione Europea con a capo Ursula Von Der Leyen ha approvato il nuovo Circular Economy Action Plan.

Gli ultimi studi in materia, infatti, parlavano chiari: 

Se continuiamo a mantenere questo atteggiamento e queste abitudini in termini produttivi, si stima che il consumo energetico, di biomasse e combustibili fossili, così come quello dei metalli e dei minerali, arriverà a raddoppiare nei prossimi quarant’anni.

I rifiuti aumenteranno del 70% e la salvezza del pianeta sarà irrimediabilmente compromessa.

Il passaggio ad un’economia di tipo circolare, quindi, è diventato fondamentale, oltre che estremamente urgente.

Per questo motivo, di recente, tutti i responsabili dei settori economici coinvolti nel processo hanno rilanciato nuove iniziative per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ovvero azzerare le emissioni di CO2, e disaccoppiare la crescita economica dall’uso delle risorse, garantendo al tempo stesso la competitività a lungo termine dell’ Unione Europea.

Il nuovo action plan si pone l’obiettivo di intervenire a monte per bloccare la produzione di rifiuti, dal momento che tutti gli interventi precedenti relativi alla trasformazione di rifiuti in risorse non si sono rivelati pienamente efficaci all’obiettivo.

Il primo pacchetto sull’economia circolare, infatti, fu presentato solo nel 2014 nonostante si parli di questo modello sin dagli anni Settanta del secolo scorso (vedi anche Come nasce l’economia circolare).

In quel primo intervento, dove la Commissione Europea prendeva già le distanze dai principi produttivi lineari (produci – usa – getta), si ponevano le basi per l’affermazione del modello circolare per l’economia dell’Unione Europea.  

Attraverso una preliminare analisi delle principali carenze del mercato e del sistema governativo che ostacolava la prevenzione dei rifiuti, il corretto riciclo e il riutilizzo delle materie in essi contenute, l’Unione Europea e gli Stati membri hanno incoraggiato gli investimenti nella ricerca di soluzioni innovative e la riforma del sistema finanziario.

Ne è risultata una revisione approvata nel 2015. Il nuovo pacchetto per l’economia circolare puntava a superare tutti quegli ostacoli che hanno impedito il successo dell’intervento precedente, integrando finanziamenti per oltre 650 milioni di euro provenienti da Horizon 2020 e per 5,5 miliardi di euro dai fondi strutturali.

Dopo tre anni dall’attuazione del processo, parte degli obiettivi sono stati raggiunti con successo, mentre alcuni necessitano di ulteriore impegno, per questo motivo la Commissione Europea è tornata al lavoro.

economia circolare

Circular Economy Action Plan 2020: gli obiettivi UE

Per impedire l’ulteriore produzione di scarti e rifiuti, allora, bisogna partire dall’ideazione del prodotto, l’eco progettazione, che deve tenere conto non solo dei materiali e dei processi produttivi sostenibili, ma deve guardare anche alla possibilità che esso possa avere una seconda vita, al termine della sua primaria funzione.

Un’economia pensata per potersi rigenerare da sola”, come affermato da Ellen MacArthur, contempla infatti solo due tipologie di materie produttive:

  • Biologica, che può essere reintegrata nell’ecosistema;
  • Tecnica, o artificiale, a cui può essere conferita nuova vita diventando materia prima seconda;

Ridurre lo spreco delle materie prime, favorire il riuso dei prodotti e la condivisione, agevolare il riciclo dei materiali a termine ciclo vita e rendere possibile l’abolizione dei prodotti monouso sono solo alcuni dei punti su cui si concentra il nuovo piano della Commissione Europea.

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Industria elettronica

Ad esempio, dovremmo ben presto abbandonare l’idea di acquistare un nuovo cellulare o qualsiasi dispositivo elettronico ogni sei mesi, solo perchè è stato prodotto il modello più nuovo o perché una singola parte non è più funzionante.

Il passaggio ad un’economia circolare, in questo senso, prevede che le aziende elettroniche producano prodotti pensati per durare più a lungo, che siano facilmente smontabili e riparabili in ogni sua parte e tutti compatibili tra di loro.

Industria tessile ed edile

Un’attenzione particolare, poi, è posta al settore tessile ed edile, dove attualmente solo l’1% dei materiali viene sottoposto a processo di riciclo e recupero.

Produrre capi di abbigliamento più sostenibili significa non solo non attingere nuovamente dalle materie prime, ridando nuova vita ai tessuti usati, ma permette di ottenere anche dei prodotti privi di sostanze tossiche per il benessere della nostra salute e per quella di tutto il pianeta.

Nel settore edile, invece, una maggiore efficienza dei materiali e dei processi di costruzioni, seguendo un’ottica circolare, permetterebbe di ridurre le emissioni di CO2 fino all’ 80%. 

Importantissimo, poi, è ridurre l’impermeabilizzazione dei terreni favorendo l’architettura bioclimatica nel rispetto dei vincoli geografici.

Plastica

Infine, i riflettori sembrano tutti essere puntati su quello che è diventato il più grande problema ambientale del nostro secolo: la plastica.

Questo materiale, com’è ben noto, è uno dei principali responsabili dei disastri ambientali in corso, come l’inquinamento dei mari, delle spiagge e dei terreni, così come la morte delle specie che li abitano.

La produzione di plastica, inoltre, è responsabile del 20% del consumo di petrolio a livello mondiale che, come sappiamo, è il principe dei combustibili fossili esauribili e altamente inquinante. 

Si tratta di una percentuale enorme, soprattutto se si tiene conto che questo dato potrebbe raddoppiare in pochi anni. 

A tal proposito, il piano mira a rendere gli imballaggi 100% riciclabili e riutilizzabili, eliminare i prodotti usa e getta come posate, piatti e bicchieri di plastica ed, eventualmente sostituirli con prodotti compostabili a base di bioplastiche.

Tutto ciò fa parte del Green Deal europeo, il piano d’azione per rendere l’economia circolare una realtà concreta.

Oltre i vantaggi per l’ambiente: Economia circolare per la creazione di nuovi posti di lavoro

Il pacchetto per l’economia circolare del 2015 ha prodotto dei risultati importanti non solo a livello ambientale ma anche a livello sociale. Questo nuovo modo di vedere e creare economia, infatti, nel primo triennio ha portato alla creazione di nuovi posti di lavoro e conseguente concreto aumento del PIL.

L’innovazione applicata al processo produttivo, infatti, comporterà inevitabilmente la scomparsa di alcune attività, che verranno considerate obsolete per lo standard ecologico richiesto, ma contribuirà alla creazione di nuovi settori e nuove figure specializzate e indispensabili.

La cosiddetta “rivoluzione circolare”, quindi, da un lato aiuterà a mettere fine alla questione ambientale, dall’altro permetterà all’Europa di portarsi in vantaggio rispetto all’industria asiatica e americana che ignorano il concetto di economia circolare e sembrano dedicare veramente poca attenzione al rispetto dell’ecosistema, impegnati come sono a far soldi a discapito dell’ambiente e della salute.

Già tra il 2012 e il 2018 si è assistito alla nascita di oltre 4 milioni di posti di lavoro grazie all’adozione del modello circolare tra le aziende. 

Pertanto oggi si stima che il raggiungimento della neutralità climatica possa andare di pari passo alla crescita del PIL e all’ulteriore aumento delle possibilità professionali per i lavoratori.

Secondo il III rapporto di Federmanager, da qui al 2030 (quindi in 10 anni) l’economia circolare porterebbe alla creazione di oltre 540 mila posti di lavoro.

Siamo di fronte, quindi ad un sistema economico che pensa al benessere a 360 gradi e che non vuole lasciare nessuno indietro.

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