L’impatto ambientale degli e-commerce
In questo periodo di quarantena e di reclusione forzata, tanti di noi hanno cominciato a rivolgersi agli e-commerce e al mondo degli acquisti online: per fare la spesa, certo, ma anche per comprare libri, film, videogiochi, vestiti, prodotti e servizi.
Si stima che le abitudini dei consumatori siano profondamente cambiate, a un livello tale che sarà difficile tornare indietro.
Secondo le ultime statistiche, dall’inizio del 2020 a oggi sono 2 milioni i nuovi consumatori online in Italia, di cui 1,3 milioni sono arrivati alle piattaforme di acquisto digitale proprio durante l’emergenza sanitaria del Covid-19.
Da 27 a 29 milioni di acquirenti online: questo il salto dei consumatori italiani.
Un “salto evolutivo” come lo ha definito Roberto Liscia, presidente di Netcomm: “Le abitudini di acquisto e i comportamenti dei consumatori italiani si sono spostati a favore dell’e-commerce, che ha garantito continuità di servizio per numerose attività e per i cittadini”.
Anche quei settori in cui l’e-commerce proprio non riusciva a sfondare hanno vissuto questo “salto evolutivo”: pensiamo al mondo dei libri. Con le librerie e le biblioteche chiuse, per leggere nuovi libri era possibile solo acquistare online; infatti nelle prime 16 settimane dell’anno gli store online hanno raggiunto il 47% delle vendite di libri di varia, contro il 26,7% dell’anno precedente.
Acquistare online ormai è comodo, sicuro e rapido: ma sarà anche ecosostenibile?
Quanto costa l’e-commerce al pianeta?
Poche volte ci fermiamo a pensare a quanto costi all’ambiente produrre, vendere e distribuire un prodotto, e ancora meno ci poniamo il problema se quel “clic” su Amazon abbia inquinato o meno.
Ma sempre più studi si stanno interrogando proprio su questa domanda: quanto è sostenibile la vendita online di quasi tutti i prodotti? Quale percentuale di inquinamento (in termini di imballaggio ‒ il famoso “packaging” ‒, trasporti, etc.) è dovuta ai camion degli e-commerce che si spostano in tutta Italia?
Il problema dei camion vuoti: i tempi di consegna
Le consegne più veloci, di cui ormai non possiamo più fare a meno, spingono gli e-commerce (tutti pensiamo subito ad Amazon, ma tutti gli store online si comportano allo stesso modo o tendono verso la stessa velocità di consegna) a far viaggiare i camion sempre più vuoti o semivuoti.
A parità di strada da percorrere, se i camion sono vuoti ovviamente serviranno più km, benzina/metano e inquinamento prodotto per smistare i prodotti che acquistiamo.
Il professore di logistica sostenibile del MIT, Josué Velázquez-Martínez, afferma che la stima delle emissioni di CO2 degli e-commerce è complicata da fare.
Ordinare qualcosa online è spesso meno dispendioso in termini di energia rispetto alla guida da e verso un negozio fisico per ritirare un articolo; ma il beneficio diminuisce rapidamente con la riduzione dei tempi di consegna e quando i clienti non raggruppano gli articoli in un solo ordine.
La soluzione: quando i clienti vogliono ricevere un prodotto in breve tempo, insomma, le emissioni nocive aumentano notevolmente. Qualcuno ha stimato che se si è disposti ad aspettare una settimana, invece dei due giorni canonici di consegna, è come uccidere solo 20 alberi invece di 100.
Il packaging ci sommergerà
Se avete mai acquistato online ve ne sarete accorti: ogni oggetto, anche il più piccolo, richiede un sacco di packaging esterno: che sia cartone, scotch, polistirolo o imballaggi vari, si tratta comunque di materiale che andrà buttato nel giro di due giorni.
Il consorzio per il riciclo degli imballaggi di plastica Corepla ha reso noto che l’e-commerce ha rappresentato il 15% del totale della plastica immessa al consumo, ovvero 300 mila tonnellate.
La soluzione: piuttosto che fare un ordine singolo per volta, è meglio aspettare di “riempire il carrello” e di raggruppare gli ordini in un solo ordine, anche se questo allungherà i tempi di consegna. Possiamo anche preferire quegli store online che utilizzano packaging ecosostenibile e a basso impatto ambientale.
Il trasporto dei prodotti e-commerce è solo su gomma
Le consegne di Amazon sul territorio nazionale avvengono solo su gomma, il che aumenta i camion circolanti nel paese.
La Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, nei primi sei mesi del 2017, ha registrato un incremento del 6,5% delle consegne dei corrieri, con un numero delle immatricolazioni dei veicoli pesanti del +21,5%. E sono numeri destinati ad aumentare, senza contare che spesso questi veicoli sono datati e quindi più inquinanti di altri.
La soluzione: su questo punto possiamo fare poco, purtroppo. Quando è possibile, possiamo acquistare da un negozio locale (magari andandoci a piedi, in bici o con i mezzi pubblici), o informarci su quali sono gli store online più attenti all’ambiente, che hanno rinnovato da poco il loro parco macchine e che cercano di viaggiare sempre con i camion pieni.
Alcune stime riportano che l’acquisto online è conveniente solo se l’acquirente deve percorrere (in media) una distanza superiore ai 15km per raggiungere il negozio fisico dove comprare lo stesso prodotto. Altrimenti, meglio acquistare offline.
Il problema dei resi
Tanti store online permettono di rendere i prodotti anche a 100 giorni dall’acquisto (vedi Zalando); il che si traduce nel fatto che, per molti store online, almeno metà della merce torna indietro, inquinando due volte: nel viaggio di andata e in quello di ritorno.
La soluzione: se il diritto di reso è sacrosanto per il consumatore, è vero anche che potremmo fare maggiore attenzione su cosa acquistiamo, senza la convinzione che “tanto poi potremo mandare indietro la merce”.
Cosa sta facendo Amazon
Non si può però sperare di diminuire l’impatto ambientale degli e-commerce solo responsabilizzando il consumatore finale: anche gli store online devono fare la loro parte, e Amazon in particolare, in quanto praticamente detentore del monopolio delle vendite online mondiali.
In un post sul suo blog, Amazon ha dichiarato di impegnarsi dal punto di vista ambientale, annunciando che per il 2030 metà delle sue spedizioni saranno a emissioni zero grazie all’attuazione di un progetto chiamato “Shipment Zero”.
Shipment Zero significa che le attività che si svolgono per consegnare una spedizione a un cliente saranno a zero emissioni di carbonio, a partire dal centro di distribuzione in cui un articolo viene prelevato dallo scaffale fino ai materiali utilizzati per imballarlo e ai veicoli che trasportano il pacco al domicilio del cliente.
Come si fa materialmente? Con veicoli elettrici, con imballaggi riciclati e riciclabili, con le energie rinnovabili che sostengono i centri logistici più grandi del paese.
In America Amazon ha invitato, per esempio, i suoi clienti a scegliere un giorno alla settimana in cui ricevere tutti i prodotti acquistati, per aumentare i tempi di consegna ed evitare che i camion viaggino semivuoti.
Poter raggruppare gli acquisti perché vengano consegnati in un solo giorno permette infatti ad Amazon di ridurre le emissioni di CO2 dovute alle molteplici consegne alla stessa abitazione più volte a settimana. Gli ordini raggruppati permettono inoltre di poter ridurre gli sprechi, usando un solo scatolone per il confezionamento.
Insomma, le soluzioni ci sono: nell’attesa che i “big” dell’e-commerce le mettano in pratica, possiamo partire da noi, scegliendo gli store più attenti al pianeta, preferendo le spedizioni a lungo termine, scegliendo imballaggi eco-friendly.