L’UE bacchetta l’Italia per l’inquinamento. Arriva la messa in mora
Una notizia che giunge non proprio inattesa: l’Unione Europea ha notificato all’Italia una lettera di messa in mora per non aver sottoposto il Programma nazionale di controllo dell’inquinamento così come previsto dalla direttiva Nec (National Emissions Ceiling).
Il nostro Paese è da tempo in ritardo nella predisposizione di questo programma che mira a fissare un tetto massimo annuo alle emissioni dei principali inquinanti.
Nonostante l’Italia sia in ritardo di oltre un anno, poco o nulla è stato fatto.
Certo, in tempi di Covid-19 tutto si è rallentato ulteriormente, ma la Ue ha ritenuto importante sollecitare i paesi che ancora non si sono allineati, visto che il problema dell’inquinamento costituisce un’emergenza sanitaria altrettanto grave e impellente.
Così dalla Commissione è arrivato un richiamo formale, primo step verso la procedura di infrazione. Mentre l’Ue aspetta il nostro piano (la cui scadenza era fissata per aprile 2019), l’Agenzia europea per l’ambiente stima che il nostro Paese non riuscirà a rispettare i limiti delle emissioni Nec per il 2030.
La pandemia di Covid-19 e i ritardi
Come si legge sul sito ufficiale dell’Unione Europea, la Commissione è stata fin troppo paziente, concedendo proroghe e tollerando ritardi proprio a causa delle condizioni eccezionali in cui ci troviamo.
Il 30 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato l’epidemia di Covid-19 un'”emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale”, classificandola come pandemia l’11 marzo 2020.
Sul sito si legge che “la Commissione, pur avendo chiarito che continuerà ad avviare procedimenti di infrazione nei casi in cui lo riterrà necessario, ha anche riconosciuto che la pandemia di Covid-19 e le conseguenti misure di contrasto della stessa hanno messo a dura prova le amministrazioni nazionali.
In alcuni casi, in particolare, la crisi può anche incidere sulla capacità delle amministrazioni degli Stati membri di garantire l’attuazione del diritto dell’UE. Alla luce di ciò, la Commissione ha recentemente informato gli Stati membri di aver prorogato i termini di risposta alle procedure di infrazione in corso, avviate dall’inizio di quest’anno”.
Per questo, si è deciso di dare agli Stati membri la possibilità di replicare a ciascuna lettera di messa in mora e a ciascun parere motivato inviati con questo pacchetto di infrazioni entro 3 mesi invece dei 2 mesi abituali.
Come noi, anche il Lussemburgo
Tra i vari Stati membri, oltre a noi è stato bacchettato anche il Lussemburgo. La Commissione sollecita entrambi a adottare i loro primi programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico, come richiesto a norma dalla direttiva Nec.
La direttiva, che stabilisce impegni nazionali di riduzione delle emissioni, mira a ottenere livelli di qualità dell’aria che non comportino significativi impatti negativi e rischi per la salute umana e l’ambiente.
La connessione inquinamento – pandemia
Non è ancora stata accertata una relazione diretta tra inquinamento, polveri sottili e maggiore diffusione del virus Covid-19, ma di sicuro una peggiore situazione ambientale porta i cittadini a essere più vulnerabili dal punto di vista respiratorio e delle patologie delle vie aeree.
È quindi importantissimo che l’Italia si doti di una legge sull’inquinamento, anche per contrastare la pandemia in atto.
È stato intanto dimostrato che l’esposizione cronica al particolato, anche a bassi livelli, è associata a maggiore incidenza e maggior gravità di diverse malattie:
- respiratorie croniche (asma, bronchite, tumori polmonari);
- infettive (come l’influenza).
L’insieme di questi fenomeni rende l’inquinamento atmosferico una delle cause, secondo il nuovo report sulla qualità dell’aria in Europa da parte dell’European Environment Agency (EEA), di oltre 370.000 morti premature all’anno. Un’emergenza nell’emergenza, a cui dobbiamo rispondere con tempestività.
Inoltre, per spiegare i risultati di incidenza e mortalità di COVID-19 nelle aree più inquinate d’Italia i ricercatori del San Raffaele hanno avanzato un’ipotesi innovativa.
L’ipotesi si basa sul fatto che l’esposizione cronica al particolato PM2.5 è associata a una iper-espressione polmonare di ACE-2, il recettore noto per essere “la chiave di accesso” del nuovo coronavirus nel nostro corpo.
L’ipotesi è che questa sovra-espressione del recettore di accesso renda più facile infettarsi a parità di carica virale.
È invece ancora allo studio l’ipotesi che spiega l’elevata mortalità nelle zone più inquinate con la presenza di alti livelli di biossido di azoto, NO2.
“La nostra ipotesi è che gli effetti di alti tassi di N02, anche se non equivalenti a un’intossicazione, possano sommarsi all’azione infiammatoria dovuta al virus, rendendo la manifestazione della malattia più aggressiva. Si tratta solo di un’ipotesi per ora, che andrà confermata da successivi studi”, ha affermato Antonio Frontera, cardiologo dell’Unità di Aritmologia ed Elettrofisiologia Cardiaca del San Raffaele.
Cosa fanno gli altri Stati membri
Al di là dei nostri ritardi, le valutazioni dei programmi pervenuti dagli altri Stati per il controllo delle emissioni non sembrano comunque eccellenti, purtroppo.
A rendere più esplicita la posizione è stato Virginijus Sinkevičius, commissario europeo responsabile per l’ambiente, la pesca e gli oceani.
“Questa relazione ci manda un messaggio chiaro: in tutta Europa, troppe persone sono ancora in pericolo a causa dell’aria che respiriamo. Servono misure più efficaci per ridurre l’inquinamento in numerosi Stati membri e affrontare il problema delle emissioni atmosferiche in tutti i settori, compresi l’agricoltura, i trasporti e l’energia.
Mai momento è stato più propizio ai cambiamenti: investire in un’aria più pulita significa investire nella salute dei cittadini e nel clima ed è ciò di cui ha bisogno la nostra economia per ripartire. Questa è la logica alla base del Green Deal europeo ed è la logica di cui ha bisogno l’ambiente.”
Altre due procedure di infrazione di carattere ambientale
Oltre all’infrazione relativa alla direttiva Nec, l’Italia è stata investita di altre due procedure di infrazione riguardanti la direttiva del 2004 sulla responsabilità per danno ambientale e il regolamento del 2013 sul riciclaggio dei materiali ricavati dalla rottamazione delle navi.
È stata in particolare appurata la mancata garanzia legale nell’ordinamento italiano del diritto per tutte le categorie di persone fisiche e giuridiche di “ricorrere presso le autorità nazionali competenti affinché intervengano per prevenire o riparare i danni ambientali”.
La terza procedura di infrazione riguarda invece la mancata adozione di misure volte a prevenire e punire l’elusione del Regolamento sul riciclaggio dei materiali navali, secondo il quale tutte le grandi navi che battono bandiera di uno Stato membro dell’Ue devono essere riciclate in modo sicuro e sostenibile.
Gli Stati dovrebbero designare autorità competenti che vigilino sul rispetto del regolamento, ma finora poco o nulla è stato fatto.