Principi e storia della Bioarchitettura: la soluzione per un mondo più green?
Cosa intendiamo esattamente quando parliamo di bioarchitettura?
Sicuramente, pensando alla radice del termine (bio), come tutte le parole da essa derivate, vogliamo riferirci ad un’architettura che “punta” sulla vita.
La bioarchitettura è strettamente legata al concetto di biofilia. Introdotto alla fine del XX secolo dallo psicologo Erich Fromm e poi sviluppato dal biologo E.O. Wilson.
Questa teoria postula che gli esseri umani hanno un’attrazione intrinseca verso la natura.
Basata sul profondo bisogno biologico di una connessione fisica con il mondo naturale.
Dalla fine degli anni ’90, la biofilia ha sperimentato una rinascita anche come teoria comportamentale.
La percezione è che le persone (in quest’era di saturazione tecnologica) si sentano separate dalla natura, sia fisicamente che psicologicamente.
Il paradosso? Tali concetti si mescolano al crescente interesse verso i temi ecologici, restituendo valore alla bioarchitettura, ed anche, per fare un esempio al “design biofilico”.
Un approccio all’architettura e alla pianificazione urbana che fonde elementi naturali e artificiali.
Se non sviluppata in maniera olistica, la bioarchitettura può generare edifici superficialmente verdi che non riescono a produrre un beneficio ambientale e umano profondo.
Non è sufficiente che l’ambiente costruito sembri sostenibile attraverso l’aggiunta di singoli elementi come tetti e pareti verdi (per quanto importanti).
Secondo gli esperti abbiamo bisogno di un approccio “significativo” alla progettazione degli spazi in cui viviamo, soprattutto delle città.
Un approccio che protegge i sistemi ecologici e rigenera l’ambiente.
La Bioarchitettura offre un fondamento teorico-pratico su come progettare e costruire. Affrontando in contemporanea le sfide attuali.
Innanzitutto, migliorando l’esperienza umana delle città.
I nostri modelli di urbanizzazione possono rafforzare e ripristinare i sistemi naturali. Non dovrebbero danneggiarli!
Se le città (e le regioni del mondo) possono adottare questo approccio, allora il pianeta ospiterà la popolazione globale in crescita, mentre proteggiamo gli ecosistemi locali e costruiamo comunità forti e solidali.
Come è nata la bioarchitettura?
Bioarchitettura è un insieme delle discipline dell’architettura. Una visione caratterizzata dalla più ampia interdisciplinarità.
La bioarchitettura opera allo scopo di rispettare l’ambiente naturale.
Privilegia l’impiego di materiali e di tecniche che consentono l’efficienza ed il risparmio energetico. Che non siano inquinanti e quindi che non danneggino la salute dell’uomo.
Quest’approccio all’organizzazione dello spazio (in particolare quello vissuto dall’uomo) è nato in Germania. Alla fine degli anni Settanta.
In seguito alla crisi energetica mondiale del 1973.
Durante quell’anno:
- la guerra di Egitto e Siria contro Israele;
- l’aumento esponenziale del prezzo del greggio e dei suoi derivati;
- la repentina interruzione del flusso di approvvigionamento del petrolio verso le nazioni importatrici;
…portarono ad una maggior consapevolezza dell’instabilità del sistema produttivo. E alla ricerca di nuove fonti energetiche.
Entrarono nel vocabolario comune parole come “ecologia” e “risparmio energetico”. Simboli del cambiamento culturale nella società internazionale, nella vita quotidiana.
La crisi del classico ciclo economico, caratteristico degli anni ‘50/’60 in Occidente, portò il mondo della produzione edilizia all’innovazione.
Iniziavamo ad abbandonare l’utilizzo di energia non rinnovabile per sperimentare, ad esempio, l’energia rinnovabile solare nelle abitazioni.
Una pratica condivisa ben presto in molti Stati.
Già nel 1939 Frank Lloyd Wright, scrivendo “Architettura organica” esprimeva una nuova idea di architettura.
La progettazione architettonica, secondo lui, doveva creare armonia tra uomo e natura. Un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale.
La “casa sulla cascata” del 1936 è pura avanguardia. L’esempio di un fare ed intendere l’architettura in cui tutti divengono parte di un interconnesso organismo.
Così, nelle prime architetture solari, l’aspetto esteriore era finalizzato a mostrare, come in un manifesto culturale, la forza e la funzione dei sistemi di captazione.
La necessità di costruire secondo i nuovi principi di biocompatibilità ed eco-sostenibilità, veniva sottolineata dai segni architettonici evidenti.
Bioarchitettura esempi ed evoluzione
La bioarchitettura si diffonde insieme alla coscienza ambientale. Una parte di progettisti interessati alle relazioni tra forma e funzionamento del sistema costruito comincia a sperimentare il nuovo linguaggio.
In grado di esprimere tanto i caratteri del rispetto ecologico quanto il miglioramento delle condizioni di vivibilità. Senza dover rinunciare ai valori qualitativi ed estetici.
Il salto avvenuto nelle sperimentazioni è stato conseguente alla valorizzazione di una serie di principi.
Tra questi: l’ombreggiamento, la ventilazione, l’isolamento termico, il raffrescamento, la deumidificazione, la protezione dalle precipitazioni, la riduzione delle dispersioni termiche, l’illuminazione naturale…la captazione solare.
Sono state recuperate le soluzioni architettoniche più antiche. Quelle nate dall’adattamento all’ambiente delle più diverse etnie.
L’adozione di molti principi bioarchitettonici dà vita alla “Casa per abitazione” di Lyon Vaise (Francia, 1993). Frutto di un lavoro appassionato.
L’indagine geologica del sito in cui si sceglie di costruire, diviene un ulteriore contribuito apportato dalla bioarchitettura. Insieme all’individuazione di elementi visibili (cavi di alta tensione, corsi d’acqua, faglie del terreno) e di quelli perturbativi (radioattività globale, inquinamento elettromagnetico…).
Col tempo gli esempi dell’innovativo pensiero architettonico superano i limiti. Non più semplicemente lo studio delle prestazioni del sistema tecnologico o la ricerca di soluzioni climaticamente compatibili ed energicamente non disperdenti.
Quindi, abbiamo iniziato a comprendere che l’indagine conoscitiva dell’intero contesto ambientale (interno e esterno) è fondamentale.
Così, vengono inserite come variabili del progetto, possibili componenti vitali dell’ecosistema preesistente. Come l’acqua o la vegetazione.
A testimoniarlo c’è “Casa a Kentish Town” (Londra) il cui progetto ruota intorno ad un grande platano inserito nella costruzione.
Oppure “Kingswood House” (Arup Associates), fabbricato per uffici nel Surrey. In cui l’isolamento termico dell’edificio è ottenuto anche grazie alla collaborazione delle piante rampicanti.
Risorse e Certificazioni
La bioarchitettura, come abbiamo visto, pone tra i suoi obiettivi quello di migliorare la fruibilità di ogni tipo di spazio.
Volge l’attenzione verso il sistema ambientale in senso molto ampio.
Perciò, le amministrazioni e gli addetti ai lavori hanno a disposizione nuovi strumenti per fronteggiare l’emergenza ecologica degli ecosistemi (urbani e non).
Poniamo il caso dell’effetto serra. I cui effetti vengono aggravati dall’eccesso dei suoli impermeabili e facilmente surriscaldati (asfalti, pavimentazioni e coperture degli edifici).
A questo problema ora possiamo rispondere con una diffusa naturalizzazione dei suoli artificiali a cielo aperto, con soluzioni permeabili all’acqua piovana e il raffrescamento dei manti vegetali (tetti e strade verdi).
La bioarchitettura, ormai, viene supportata a livello economico. Con finanziamenti diretti e incentivi fiscali.
Esiste da tempo la possibilità di usufruire del programma europeo che favorisce l’utilizzo di energia rinnovabile.
Il progetto dei Tetti Fotovoltaici per la produzione di energia elettrica da luce solare, per esempio, prevede finanziamenti per l’installazione dei pannelli. O l’acquisto, da parte degli enti erogatori, dell’energia raccolta.
Un altro aspetto riguarda la “certificazione di qualità” istituita dalle norme internazionali (ISO).
Introdotta anche nel pacchetto delle regolamentazioni italiane. Una serie di parametri che servono a “prendere le misure” e poi valutare le caratteristiche di: materiali, prodotti e componenti. Da parte di enti specializzati.
Il controllo dei materiali può portare “all’etichetta ecologica”. Ulteriori norme regolano ormai da anni “il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici e lo sviluppo di fonti rinnovabili di energia”.
I principi della Bioarchitettura
Superata quella valenza utopistica ed eversiva, caratterizzante le istanze ecologiste del 1968, la bioarchitettura vuole supportare l’orientamento del sistema edilizio verso la sostenibilità ambientale e sociale.
Per questo, attraverso di essa arriviamo a comprendere gli essenziali risvolti bioecologici, bioclimatici, olistico-ecologici…che impattano positivamente nelle nostre vite.
I teorici della bioarchitettura italiana (degli anni ’90) fanno tesoro di quanto accade e trovano le loro radici culturali nel filone dell’architettura organica nato tra le due guerre mondiali.
(F.L. Wright negli Stati Uniti, H. Häring, H. Scharoun e A.H.H. Aalto in Europa.)
Ma anche nell’esperienze dell’avanguardia architettonica degli anni ‘60. Che diventa realtà attraverso la realizzazione di nuove forme abitative spontanee.
(Alcuni esempi sono la comunità Drop City nel Colorado, o le città ecologiche progettate da L. Halprin e quelle dell’italiano P. Soleri negli Stati Uniti.)
Non c’è dubbio sul fatto che la bioarchitettura tragga ispirazione, per le sue ricerche formali, dalle leggi degli organismi naturali.
Un po’ come accade nel passaggio da economia lineare a circolare.
A quanto pare, è chiaro che l’ecologia può essere la nostra bussola. Il fondamento di qualsiasi tipo di sviluppo umano.
Non a caso Christian Norberg-Schulz afferma che:
“Compito dell’architetto è creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare, ciò attraverso la comprensione ed il rispetto del genius loci – lo spirito del sito”
Alcuni dei principi fondanti per la progettazione in bioarchitettura:
- ottimizzare il rapporto tra la costruzione ed il contesto;
- privilegiare la qualità della vita ed il benessere psico-fisico dell’uomo;
- salvaguardare l’ecosistema;
- impiegare le risorse naturali presenti (acqua, vegetazione, clima);
- non causare emissioni dannose (fumi, gas, acque di scarico, rifiuti);
- concepire costruzioni flessibili e riadattabili nel tempo, con interventi di ampliamento o cambiamento di destinazione d’uso;
- prevedere un diffuso impiego di fonti energetiche rinnovabili;
- utilizzare materiali e tecniche ecocompatibili, preferibilmente appartenenti alla cultura materiale locale.
Bioarchitettura in Italia
Affinché i principi della bioarchitettura possano integrarsi tra loro è necessario progettare avvalendosi del contributo di numerosi specialisti.
In Italia ce lo dimostrano le collaborazioni istituite dall’Istituto Nazionale di Bioarchitettura. Nonché le opere della Fondazione Bioarchitettura, con la sua rivista specializzata.
Ma, il primo pensiero che questa “nuova” visione provoca, in genere, è di qualcosa che si può applicare solo alle nuove costruzioni o a quelle future.
Eppure, secondo gli esperti, soprattutto in base a ciò che sta accadendo nei centri urbani, la bioarchitettura diventa sempre più una pratica comune anche per la ristrutturazione.
Ad esempio, perché aumenta il valore degli edifici nel mercato immobiliare e come residenza privata.
Secondo la dottoressa Girolami, i principi e i materiali della bioarchitettura risolvono problemi pressanti. Anche nei centri storici, dove gli edifici di un’altra epoca non rispondono più alle esigenze abitative di oggi.
Il crescente interesse è relativo alla resa positiva di un efficientamento energetico e alla razionalizzazione degli spazi abitativi.
Non possiamo sottovalutare che un edificio di classe A sfrutta energia sostenibile, è funzionale e più economico da vivere.
Infine, a partire dalla bioarchitettura, è semplice integrare nei suoi principi l’automazione della casa.
Dal controllo remoto delle funzioni “intelligenti” di riscaldamento e raffreddamento, al controllo dell’efficienza di elettrodomestici, luci, purificatori d’aria…in pratica di tutto quanto aumenta la vivibilità, la qualità e il valore dell’abitare.
Secondo la Girolami, questi fattori hanno spostato la scelta della bioarchitettura da un capriccio costoso a:
“un potente motore economico e sociale, oltre che sofisticato interprete della propria personalità.”
Bioarchitettura: ricerca di equilibrio tra scienza, arte e natura
Oggi lo riscopriamo con la bioarchitettura, ma gli architetti sono sempre stati ispirati dalla natura.
Le prove della sua influenza possono essere riconosciute attraverso i secoli. Dal simbolismo naturale dell’architettura greca e romana antica, alle opere del visionario del XX secolo Frank Lloyd Wright. Che ha progettato edifici per “completare” il paesaggio naturale.
Le nuove tecnologie stanno aiutando gli architetti a ricreare strutture complesse che si trovano in natura, utilizzando metodi di costruzione e materiali moderni.
La bioarchitettura (o architettura biomimetica) si lascia influenzare dalle forme e dal funzionamento della Terra? Si, lo ribadiamo.
Dall’onirico Tempio del Loto in India, al ponte a spirale Helix di Singapore. In queste meraviglie architettoniche possiamo scoprire il legame che in quanto uomini abbiamo con il nostro habitat.
Fine primario della bioarchitettura, come accennato, è dare all’edilizia un nuovo indirizzo. Rivolto al rispetto delle esigenze intrinseche nella relazione uomo-ambiente.
Ma sappiamo anche, che l’architettura in generale è vasta. Deriva da vari campi cui può essere applicata, al di là della progettazione del singolo edificio.
Perciò, anche per la bioarchitettura, vi sono una serie di interventi che definiscono le varie discipline in cui essa può essere articolata.
Un breve ma intenso elenco, che lascia spazio all’immaginazione di un futuro equo e sostenibile:
- Progettazione architettonica ed urbana;
- Architettura d’interni;
- Scienza e tecnica delle costruzioni;
- Urbanistica;
- Pianificazione territoriale;
- Restauro;
- Ristrutturazione;
- Architettura del paesaggio;
- Tecnologia dell’architettura.
Uno studio della Royal Society
In un articolo che fa parte del numero tematico “Bioinspired hierarchically structured surfaces for green science”, è la scienza a parlarci di bioarchitettura.
La Royal Society è un’associazione di eminenti scienziati mondiali. È riconosciuta come una tra le più antiche accademie scientifiche.
E per la Royal Society, Renee L. Ripley e Bharat Bhushan scrivono “Bioarchitecture: bioinspired art and architecture, a perspective.”
Anche se storicamente non è stato così, l’arte e l’architettura possono essere ovviamente abbinate al discorso scientifico.
L’articolo è un tentativo di interagire praticamente attraverso le discipline e definire nuovamente la bioarchitettura.
Presentare opportunità per ulteriori ricerche, collaborazioni e cooperazioni professionali.
Gli studiosi parlano di biomimetica, o copia della natura vivente. Un campo altamente interdisciplinare, che coinvolge: la comprensione delle funzioni biologiche, delle strutture e dei principi di vari oggetti “trovati” in natura dagli scienziati.
La biomimetica, porta al design biologicamente ispirato, all’adattamento o alla derivazione dalla natura vivente.
Applicata all’ingegneria, la bioispirazione (termine ancor più appropriato), coinvolge l’interpretazione, piuttosto che la copia diretta.
L’arte, poi, implica la creazione di oggetti visivi destinati ad essere apprezzati da altri.
L’architettura, in quanto pratica di design struttura l’argomento teorico e contribuisce al discorso disciplinare.
Quindi, la bioarchitettura! Fusione di arte/architettura e biomimetica/bioispirazione.
Che struttura un design bioispirato fin dall’inizio, in tutte le parti del lavoro, a tutte le scale.
Nello studio vengono esaminati i vari tentativi di arte e architettura al fine di incorporare il design bioispirato nella loro pratica.
Viene fornita una prospettiva e una provocazione per incoraggiare la collaborazione tra scienziati e designer.
Lo scopo è di supportare la bioarchitettura.
P.S. Anche in musica il processo di riavvicinamento all’ambiente sta seguendo un percorso simile. Per chi volesse meditare sui cambiamenti in atto, suggeriamo una colonna sonora in linea con l’argomento. “Biophilia” dell’artista islandese Björk)