Energia Blu: L'acqua come fonte rinnovabile del futuro

ASM SET 8/mag/2024
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L'Energia Blu, anche nota come energia osmotica, rappresenta una frontiera promettente e relativamente inesplorata nel panorama delle energie rinnovabili. Ma di cosa si tratta esattamente? E qual è il suo potenziale?

 

Cosa è l'Energia Blu e come si genera

 

L'energia blu sfrutta il potenziale osmotico generato dall'incontro tra acqua dolce e acqua salata. Quando questi due tipi di acqua si incontrano, ad esempio nei delta dei fiumi, l'acqua dolce tende naturalmente a spostarsi verso l'acqua salata, più concentrata in sali. Questo movimento può essere sfruttato per generare energia.

Il processo prevede l'uso di membrane semipermeabili che permettono solo all'acqua di passare, trattenendo i sali. Quando l'acqua dolce attraversa queste membrane per unirsi all'acqua salata, si crea una differenza di pressione che può essere trasformata in energia elettrica.

 

Nuova fonte inesauribile?

L'attrattiva principale dell'energia blu risiede nella sua apparente inesauribilità. Dopotutto, l'acqua dolce e salata sono risorse naturali abbondanti e il loro incontro è un fenomeno costante in natura. In teoria, finché esistono oceani e fiumi, l'energia blu potrebbe essere generata.

 

Tuttavia, la realtà è più sfumata. Anche se l'idea di un'energia "inesauribile" è allettante, bisogna considerare l'efficienza del processo e la fattibilità tecnologica attuale.

Uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo dell'energia blu è la sfida tecnologica. Le membrane utilizzate devono essere incredibilmente efficienti e resistenti, e attualmente queste tecnologie sono ancora in fase di sviluppo. Inoltre, ci sono questioni legate all'impatto ambientale: le centrali di energia blu devono essere progettate in modo da non disturbare gli ecosistemi marini e fluviali. Se pensiamo al delta del Po, che rientra in un parco protetto, sembra chiaro ogni manufatto o insediamento che si voglia costruire potrebbe essere oggetto di permessi e autorizzazioni non di facile approvazione.

Un altro limite è proprio la localizzazione. Se l'energia blu è più efficiente in aree dove l'incontro tra acqua dolce e salata è più significativo, come in prossimità delle foci dei fiumi, ciò significa che non tutte le regioni possono beneficiare in egual misura di questa tecnologia.

 

La prima sperimentazione in Italia

L'Italia si distingue come leader nel Mediterraneo nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie avanzate, specialmente nel settore degli hi-tech. Il paese ha investito notevolmente nella tecnologia legata all'energia marina, piazzandosi al secondo posto in Europa, superato solo dal Regno Unito, con finanziamenti annui che si aggirano intorno ai 5 milioni di euro.

Le aree mediterranee con il più alto potenziale di energia dalle onde sono le coste occidentali della Sardegna e della Corsica, ma anche il Canale di Sicilia e le aree costiere di Algeria e Tunisia, dove il flusso medio di energia oscilla tra i 10 e i 13 kW/m.

L’energia dalle maree può essere raccolta principalmente nello Stretto di Messina, dove la produzione di energia potrebbe arrivare a 125 GWh l’anno – una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico della stessa Messina – grazie allo sfruttamento delle correnti che raggiungono velocità superiori a 2 metri al secondo.

L’Italia è uno dei sei paesi dell'Unione Europea a promuovere attivamente l'uso di questa risorsa, avendo sviluppato cinque prototipi di alta tecnologia, quattro per l'energia delle onde e uno per quella delle maree, con impianti sperimentali situati a Pantelleria, Reggio Calabria, Napoli e nell'Adriatico.

 

I prototipi, vediamoli insieme

L’ISWEC, o Inertial Sea Wave Energy Converter, è un sistema tecnologico all’avanguardia nato per catturare e convertire l'energia delle onde in energia elettrica. Questo sistema si distingue per la sua capacità di adattarsi a varie condizioni marine, rendendolo particolarmente adatto per l'uso in località marine aperte e vicino alla costa.

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Fonte: Università di Washington

Il dispositivo consiste in una unità galleggiante ancorata al fondale del mare che sfrutta il movimento delle onde. Il beccheggio dell'unità, causato dall'azione delle onde, viene trasformato in energia elettrica attraverso l'uso di giroscopi collegati a generatori. Questi giroscopi, intercettando il movimento dell'unità, generano energia elettrica che può poi essere utilizzata per alimentare infrastrutture civili, con un impatto particolarmente significativo per le piccole isole dove le altre fonti di energia possono essere limitate o più costose.

 

Il primo prototipo dell'ISWEC è stato sviluppato dal team di ricerca del Politecnico di Torino e ha visto la sua prima applicazione sperimentale a Pantelleria nel 2015. Da allora, l'ISWEC è stato oggetto di ulteriori sviluppi e test, culminati con l'installazione di impianti pilota capaci di una produzione più estesa e affidabile, dimostrando la fattibilità e l'efficienza di questa tecnologia nel contesto delle energie rinnovabili.

 

Dopo i primi prototipi, l'ISWEC è stato sviluppato fino a raggiungere la produzione industriale, con un impianto pilota installato a Ravenna nel 2018. Questa tecnologia ha anche visto l'installazione di altri dispositivi, come il convertitore H24 a Marina di Pisa, che produce energia sufficiente per circa 40 famiglie.

 

Un'altra innovazione è il PEWEC (Pendulum WaveEnergy Converter), un convertitore di energia dalle onde progettato per funzionare in condizioni marine estreme, attualmente in sviluppo per l'installazione nelle zone ad alta energia del Mediterraneo. Si tratta di un prototipo “off-shore” messo a punto da ENEA e dal Politecnico di Torino che utilizza un sistema galleggiante, simile a uno scafo di forma semicircolare, in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione del dispositivo per effetto delle onde. I sistemi PEWEC3 sono stati testati a lungo per integrare l'energia delle onde direttamente nelle strutture portuali e ora si sta lavorando alla realizzazione del progetto preliminare del PEWEC da installare lungo le coste del Mediterraneo, come la costa occidentale della Sardegna e il Canale di Sicilia.

 

La turbina marina ad asse verticale KOBOLD, invece, è stata progettata per sfruttare le correnti marine che bagnano le migliaia di isole prive di corrente elettrica in Indonesia, Cina e Filippine. Installato in prova nel 1999 nello Stretto di Messina, al largo di Ganzirri (a Nord di Messina), questo prototipo rappresenta un passo avanti nell’energia sostenibile.

Sviluppata dalla società Ponte di Archimede S.p.A., in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale – Sezione Aerospaziale – dell’Università “Federico II” di Napoli, la turbina Kobold è stata la prima al mondo a trasformare le correnti marine in energia elettrica per le utenze domestiche. Nel 2006, è stata allacciata alla rete elettrica nazionale, fornendo circa 40 kW di potenza, fino alla sua dismissione dieci anni dopo.

GEMSTAR, noto come “l’aquilone del mare”, rappresenta la seconda generazione e l’evoluzione del primo prototipo sviluppato a partire dal 2005. Questo progetto è nato dalla collaborazione tra l’ingegnere Nicola Morrone, autore del brevetto, e il professor Domenico Coiro dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Dal 2012, lo sviluppo è condotto in collaborazione con il consorzio di ricerca SEAPOWER Scarl, che coinvolge la stessa Università di Napoli “Federico II”.

Il sistema Kobold è costituito da due turbine marine ad asse orizzontale, collegate a un galleggiante vincolato al fondo del mare tramite un cavo. Posizionato a 15 metri di profondità, il sistema si allinea alle correnti marine come un aquilone in aria. Nel 2012, un primo prototipo a scala reale è stato installato per un breve periodo nella Laguna Veneta.

 

L’impatto ambientale

L'Italia, quindi, non solo guida la ricerca e sviluppo tecnologico nel Mediterraneo ma si sta anche muovendo concretamente verso l'adozione di tecnologie sostenibili che possono far fronte al fabbisogno energetico di comunità isolate. Ma se da un lato sfrutta una risorsa come l’acqua, quale impatto potrebbero avere sull’ambiente marino?

L’installazione di turbine potrebbe influenzare gli ecosistemi marini. Le turbine potrebbero rappresentare un ostacolo per i pesci migratori o danneggiare organismi marini come le meduse. Inoltre potrebbero interferire con la navigazione marittima e la pesca, per cui è importante pianificare attentamente la posizione delle installazioni per minimizzare questi impatti. Anche l’alterazione del paesaggio marino va considerato così come il fatto che per la loro realizzazione servano comunque materiali non ecosostenibili come acciaio, cemento e plastica.

Nonostante questo, l’energia blu offre vantaggi significativi rispetto ai combustibili fossili. È una fonte di energia pulita, non produce emissioni di gas serra e può contribuire a ridurre la dipendenza dai combustibili non rinnovabili. Ha il potenziale per fornire una fonte di energia sostenibile, ma è importante valutare attentamente gli impatti ambientali e adottare misure per mitigarli durante la pianificazione e l’implementazione dei progetti.

 

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