Energia nucleare: qual è il suo impatto ambientale? Vantaggi e rischi
In tutta la storia dell’umanità fino ai giorni nostri sono ben due gli episodi che rimarranno indelebili quando si parla di energia nucleare.
Il primo è quello dello scoppio della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki. Una ferita irrimarginabile in una pagina già lacerata dal dolore della seconda guerra mondiale.
L’evento causò circa 100.000 morti immediati, tra il 6 e il 9 agosto 1945, che diventarono 250.000 a causa degli effetti radioattivi propagatisi nei mesi successivi.
Il secondo, meno tragico del primo ma dagli effetti ugualmente nefasti, è quello del disastro di Chernobyl nel 1986.
L’esplosione di uno dei reattori nucleari nell’impianto della cittadina ucraina provocò nell’immediato una sessantina di morti. La nube radioattiva, però, si propagò per oltre 200.000 chilometri quadrati, causando nel tempo oltre 5.000 vittime.
L’energia nucleare è devastante. Potente, a volte incontrollabile e, quindi, potenzialmente pericolosa per la salute dell’ambiente e degli esseri viventi. Eppure, si tratta di una risorsa molto efficiente per la produzione di energia.
In merito al suo utilizzo il mondo si divide in due. Da un lato, c’è chi vorrebbe completamente bandirla, perché ritenuta troppo pericolosa. Dall’altro, invece, ci sono coloro che la ritengono la migliore soluzione tra i diversi tipi di energia non rinnovabile.
Qual è la posizione dell’Italia in questo dibattito? Prima di scoprire che importanza ricopre l’energia nucleare nel nostro paese, è opportuno comprendere meglio cos’è e come funziona questo tipo di energia.
Come si produce l’energia nucleare? Quali sono le sue caratteristiche, i suoi vantaggi e svantaggi? Soprattutto, perché è considerata non rinnovabile se l’uranio non produce carbonio durante il processo di combustione?
Scopriamo di più su questa affascinante quanto controversa fonte energetica.
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Cos’è e come funziona l’energia nucleare
L’energia nucleare, o atomica, è quell’energia che si sprigiona in seguito alle reazioni dei nuclei atomici, che subiscono trasformazioni alla struttura della materia.
Ha come risorsa l’uranio, un elemento radioattivo disponibile in natura, e può essere prodotta attraverso due tecniche: la fissione e la fusione.
Per la produzione di energia elettrica le centrali nucleari sfruttano la tecnica della fissione. Si tratta infatti dell’unica reazione nucleare che viene impiegata per scopi civili.
Quella della fusione, invece, è ancora in fase di sperimentazione. Quest’ultima, infatti, presenta alcuni limiti strutturali non ancora risolti, relativi alla gestione delle altissime temperature che si sprigionano.
Come funziona la fissione nucleare?
Il processo artificiale, introdotto nel 1934 da un team di fisici guidati da Enrico Fermi, consiste nella divisione del nucleo dell’atomo di uranio in due frammenti minori, attraverso il bombardamento con neutroni.
Da questa reazione di scissione si scaturisce una considerevole quantità di energia (calore) e altri neutroni, che danno vita ad una reazione a catena generando nuovi nuclei e nuovi neutroni.
Tutto ciò avviene all’interno di centrali nucleari dotate di reattori. All’interno del reattore, l’energia sprigionata dalla fissione del nucleo viene impiegata per riscaldare dell’acqua che, evaporando, genera elettricità.
Basta una quantità davvero minima di uranio per produrre una grande quantità di energia, il ché rende l’energia nucleare un sistema energetico molto efficiente.
Questo è il motivo per il quale l’energia nucleare è considerata da molti la migliore soluzione di energia non rinnovabile.
È vero che l’uranio è un elemento naturale che impiega milioni di anni per formarsi, come il carbone e il petrolio, ma a parità di risultato la quantità di materia prima impiegata per produrre energia è piccolissima. Di conseguenza, attualmente non si pone il problema dell’esaurimento di questa risorsa.
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Qual è l’impatto ambientale dell’energia nucleare? Quali i rischi per gli esseri viventi?
Se inserita nel quadro della questione climatica, l’energia nucleare può essere considerata pulita come fosse energia rinnovabile. Per la sua produzione, infatti, non è prevista la combustione dell’uranio e, di conseguenza, non rilascia Co2 dell’aria.
Il suo impatto ambientale, se riferito unicamente al contributo sulle emissioni, è quindi estremamente basso.
Se teniamo in considerazione, inoltre, che viene impiegato poco uranio per produrre moltissima energia ‘pulita’, risulta essere molto conveniente anche a livello economico. Il costo dell’energia nucleare in bolletta, infatti, è inferiore rispetto a quello dell’energia prodotta con altre fonti fossili.
I vantaggi ci sono, senza dubbio. Ma prima di dire che si tratta di una fonte di energia sostenibile è opportuno analizzare altri aspetti non indifferenti.
I principali problemi dell’energia nucleare, che sono il motivo per il quale molti paesi hanno deciso di starne alla larga, sono quelli relativi alla sicurezza degli impianti e al rilascio di scorie radioattive mortali per gli esseri viventi.
Chernobyl e Fukushima costituiscono l’emblema di tali preoccupazioni. Nel primo caso, il disastro è stato provocato da un errore umano, mentre il secondo è stato la conseguenza di un altro disastro naturale nella cittadina giapponese (terremoto e conseguente tsunami).
In entrambi i casi, il malfunzionamento degli impianti ha provocato le esplosioni dei reattori e il rilascio nell’aria di materiale e fumi radioattivi, trasportati dal vento per migliaia di chilometri.
Si stima che le emissioni nucleari di Chernobyl siano state di 400 volte superiori a quelli della bomba atomica su Hiroshima.
Tutti gli organismi viventi attorno alla zona furono letteralmente sterminati nel giro di qualche settimana a causa delle potenti radiazioni.
A distanza di 30 anni dal disastro, la cosiddetta Foresta Rossa (chiamata così perchè le piante assunsero una colorazione rossastra prima di morire) è attualmente interdetta all’accesso di esseri umani, perché il terreno è ancora fortemente radioattivo.
Ciò ci aiuta a comprendere quanto può risultare pericolosa l’energia nucleare. Le scorie, infatti, rimangono attive per tantissimo tempo (non meno di 300 anni) e impregnano ogni cosa che incontrano sul loro cammino: aria, acqua, terreno, corpi.
Gli esseri umani esposti ad importanti dosi di raggi alfa, beta e gamma, questi ultimi quelli più pericolosi, rischiano danni irreversibili all’organismo perché interferiscono con le molecole del corpo umano.
Nella maggior parte dei casi si generano malformazioni e tumori ma nei casi più gravi le radiazioni possono portare ad una morte molto più rapida e dolorosa.
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Altri aspetti negativi dell’energia nucleare
È evidente, quindi, che quella nucleare non può essere considerata una forma di energia circolare.
Il fatto che non contribuisca all’emissione di Co2 nell’atmosfera non è un buon motivo per considerarla pulita come l’energia rinnovabile. Abbiamo visto, infatti, che le emissioni che produce sono altrettanto nocive come quelle di carbonio.
I rifiuti radioattivi, poi, richiedono un trattamento e smaltimento molto particolare. Vengono suddivisi secondo 3 livelli di radioattività: bassa, intermedia e alta.
I rifiuti di bassa intensità sono, ad esempio, gli indumenti che utilizzano gli addetti ai lavori nelle centrali nucleari e costituiscono il 90% dei rifiuti radioattivi da smaltire.
Quelli di alta intensità, che per fortuna sono appena il 3% del totale, sono rappresentati dai residui delle barre di uranio inutilizzati e inutilizzabili nelle centrali.
Dal momento che rimangono radioattivi per un tempo lunghissimo (si parla di milioni di anni), la modalità di smaltimento si rivela estremamente costosa.
Essi infatti devono essere stoccati in condizioni di massima sicurezza e inseriti all’interno di strutture apposite e a prova di sabotaggio. In tutto ciò, bisogna considerare anche il costo del trasporto con mezzi speciali.
Parlando di costi, è vero che l’energia nucleare per uso domestico ha un prezzo più basso, ma lo stesso discorso non può essere fatto per la produzione e la gestione degli impianti.
In questo caso, infatti, bisogna anche considerare costi di realizzazione, messa in funzione, manutenzione, sorveglianza, smantellamento e messa in sicurezza di una centrale nucleare quando viene dismessa.
Per non parlare poi degli ulteriori costi militari dovuti alla necessità di scongiurare attacchi terroristici e furto di materiale.
Arriviamo quindi all’ultimo punto, uno di quelli che preoccupa di più: l’impiego dell’energia nucleare per scopi militari.
Gli episodi di Hiroshima e Nagasaki dovrebbero essere stati sufficienti a scoraggiare tutti i paesi dall’includere armi nucleari nel proprio armamentario bellico, eppure il timore che la storia possa ripetersi è altissimo.
Anche per questo motivo, quindi, molte nazioni hanno bandito la produzione di energia nucleare con lo smantellamento delle centrali esistenti, come è avvenuto in Italia nel 1987.
Energia nucleare Italia: qual è la posizione del nostro paese?
Anche l’Italia ha avuto a che fare con l’energia nucleare. Erano 4 le centrali attive fino al 1987, anno successivo al disastro di Chernobyl che spinse gli italiani a dire basta con un referendum abrogativo.
La prima centrale venne costruita nel 1958 a Latina ed entrò in funzione nei primi anni del 1960. Le altre centrali, ormai in disuso, si trovano a Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza) e Sessa Aurunca (Caserta), oggi sono tutte e 4 in fase di decommissioning.
Lo smantellamento di una centrale nucleare è, probabilmente, una delle procedure più lunghe e complesse da gestire. La presenza di materiale radioattivo negli impianti e nella struttura stessa, infatti, va trattata con estrema cautela e richiede diversi step.
In Italia tutto il combustibile radioattivo è stato allontanato dai siti, ma resta irrisolta la questione dello smaltimento delle scorie. Attualmente, quindi, sono oltre trent’anni che ci troviamo a dover gestire tutti i residui di quel ventennio di attività energetica nucleare.
Tale compito è in mano alla Sogin, la società di Stato incaricata di smantellare e mettere in sicurezza le centrali dismesse e le scorie radioattive provenienti anche dalla medicina nucleare.
Fino ad oggi le scorie nucleari italiane sono state conservate in dei siti temporanei, ma è recentissima la notizia che vede la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) ad ospitare le strutture di stoccaggio dei rifiuti radioattivi in maniera permanente.
Le aree individuate per la costruzione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sono 67, distribuite tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
Il progetto, però, si scontra con molte delle amministrazioni regionali. In particolare, sono tutti contrari quelli del Sud Italia, dove sono presenti territori protetti che avrebbero bisogno di incentivi e investimenti, non di rifiuti radioattivi.
Molti si chiedono quale sia il senso di stoccare questi rifiuti potenzialmente nocivi in Italia, quando il paese non è neppure più un produttore di energia nucleare.
Perché, ad esempio, non sfruttare un deposito europeo in grado di gestire in maniera più efficiente le scorie insieme a quelle dei paesi che ancora si dedicano al nucleare?
Il dibattito è ancora aperto e, a quanto pare, destinato a non chiudersi a breve.
Una cosa però è sicura: l’Italia con la produzione di energia nucleare non vuole averne più a che fare.