Energia nucleare in Italia: i pro e contro
Rimettere in discussione la questione dell’energia nucleare in Italia significa ignorare il passato.
Essere inconsapevoli del presente. (Epoca della transizione ecologica!)
E disinteressarsi agli urgenti investimenti per il futuro.
Questo il punto di vista dei tanti ricercatori.
“Investigatori” della nostra condizione attuale.
E qual è la -condizione attuale– rispetto al nucleare?
La tecnologia utilizzata dalle centrali nucleari per produrre energia elettrica, la cosiddetta “fissione” è inadeguata alle nostre priorità.
Indubbiamente esistono vantaggi derivanti dall’utilizzo dell’energia nucleare. Ma qual è il suo impatto ambientale?
Ovvero: quali sono le conseguenze di certi vantaggi?
E quanto ci costano?
Considerando gli inequivocabili rischi che già corriamo.
Esiste rimedio a certi danni?
Da tempo, comunque, circola una tesi.
L’energia nucleare sarebbe indispensabile per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2. Almeno il 55% entro il 2030.
Percentuale che ci permetterebbe di essere in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima.
Mantenendo l’aumento delle temperature al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali.
Secondo gli scettici, infatti, le energie rinnovabili non sarebbero sufficienti all’obiettivo.
Quindi, come siamo messi in Italia?
Greenpeace e Legambiente, affermano che per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni (fissati dalla Commissione europea) bisogna raggiungere il 70% di produzione di energia da fonti rinnovabili sulla rete elettrica.
Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) 2021 ne prevedeva il 55%.
Sembra ovvio…
Senza l’aumento di investimenti nelle rinnovabili e di interventi sulla rete elettrica, non raggiungeremo alcun obiettivo.
Ma siamo sicuri che sarebbe il nucleare a risolvere la situazione?
Seppure fosse una strada percorribile, non cambierebbe il problema del caro bollette 2022.
Che grava, proprio in questo momento, sulla quotidianità delle famiglie italiane!
Energia nucleare in Italia: oggi
Il 12 febbraio dello scorso anno si è insediato Roberto Cingolani. Nella videoconferenza di presentazione delle linee guida del suo ministero per la Transizione ecologica, ha fatto riferimento anche all’energia nucleare in Italia.
“Spero che, se avremo lavorato bene, fra dieci anni i nostri successori parleranno di come abbassare il prezzo dell’idrogeno verde e di come investire sulla fusione nucleare”
In effetti, la cautela con cui il ministro accennava agli “investimenti sul nucleare tra 10 anni” è ragionevole.
Proprio in questi giorni in molti parlano di fusione nucleare. C’è stato un esperimento andato a buon fine nel Regno Unito.
Ma la tecnologia è neonata!
E non può rivoluzionare la situazione oggi.
Oltre a restare un’incognita per il futuro…
Comunque, la stampa internazionale parla di “svolta della fusione nucleare”.
L’esperimento è di un team di ricerca europeo, il Joint european torus (Jet).
Che ha stabilito un impulso di energia generato dalla fusione nucleare, della durata di cinque secondi. (Equivalente a 16,4 chilowattora).
Circa il doppio rispetto all’ultimo esperimento di questo tipo (1997).
Cinque secondi possono sembrare pochi. Ma gli scienziati assicurano che si tratta di un traguardo importantissimo.
In sintesi, entro la fine di questo decennio sperano di iniziare a produrre -un’altra- elettricità.
Che, tra 50 anni, potrebbe offrire alle generazioni future una fonte di energia più pulita e sicura.
Dunque, stiamo attenti quando parliamo di energia nucleare in Italia…e nel mondo!
Se pensiamo di voler investire sul futuro, di certo non ci riferiremo più alle solite centrali.
E tra qualche tempo potremo anche parlare di vantaggi e svantaggi della fusione nucleare.
Per ora possiamo solo limitarci a ricapitolare i pro e i contro dell’energia nucleare ottenuta dalla fissione!
Pro e Contro: perché la transizione energetica necessita di risorse differenti
Già qualche anno fa il nucleare sembrava pronto a vivere una nuova primavera. E come sempre accade di fronte a certe opportunità, abbiamo iniziato a ridiscutere dell’energia nucleare in Italia.
Il focus della questione riguardava i cosiddetti reattori di quarta generazione.
Sistemi completamente innovativi che promettevano di riutilizzare le scorie come nuovo carburante.
Risolvendo in un colpo: approvvigionamento e costo dell’uranio. Nonchè smaltimento, conservazione e disattivazione dei detriti radioattivi.
Non è andata così.
Uno dei vantaggi che gioca a favore del nucleare è che non rientra nella cerchia dei combustibili fossili.
L’energia nucleare ha la capacità di fornire elettricità a milioni di persone.
In più, una centrale nucleare è circa un milione di volte più efficiente rispetto a una centrale termoelettrica.
Che bruci carbone, petrolio o gas. (A parità di massa di combustibile.)
E tutte le nazioni più ricche al mondo, in termini di prodotto interno lordo (pil), producono energia elettrica da fonte nucleare.
Infatti, le centrali nucleari (soprattutto le più obsolete) necessitano di finanziamenti pubblici.
Purtroppo, l’estrazione di uranio dalle miniere ha un impatto importante sull’ambiente.
Oltre ad essere una risorsa scarsa.
Abbiamo iniziato a intaccare le fonti secondarie di uranio. E il picco del suo esaurimento pare più vicino di quello del petrolio.
Il prezzo, poi, ad un certo punto è aumentato dell’800% rispetto a quando si è iniziato a estrarlo.
Beh, secondo Cingolani la transizione ecologica deve coniugare ambiente, energia e sviluppo.
Greenpeace, in effetti, ha consegnato al governo guidato da Mario Draghi il rapporto Italia 1,5. Commissionato all’Institute for sustainable future di Sydney.
Uno scenario di transizione energetica all’insegna della totale decarbonizzazione del paese.
Secondo i loro calcoli:
“in Italia si avrebbe entro il 2030 la creazione di 163 mila nuovi posti di lavoro: un aumento del 65% circa dell’occupazione diretta nel settore energetico”.
Quando è stato abolito l’uso dell’energia nucleare in Italia? Cosa fare ora?
Lo sfruttamento dell’energia nucleare in Italia ha avuto luogo fino agli anni 90 del secolo scorso.
Le centrali nucleari sono state chiuse per raggiunti limiti d’età. E a seguito di vari referendum.
Il dibattito sull’eventuale reintroduzione aperto fra il 2005 ed il 2008, si è chiuso con il referendum abrogativo del 2011.
Ma perché?
Certo, se ci limitassimo a considerare la CO2 netta che il nucleare emette in atmosfera, non ci sarebbe molto da aggiungere.
Sono chiare le valutazioni pubblicate dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).
Le centrali di terza e quarta generazione emettono, al massimo, 110 grammi di CO2 equivalente per chilowattora (kWh). Contro i:
- 910 grammi del carbone
- 650 grammi del gas
- 420 grammi delle biomasse
- 180 dell’energia solare su larga scala.
Eppure, considerando le altre fonti rinnovabili (sempre nella tabella pubblicata dall’Ipcc) possiamo notare che, rispetto al nucleare, esistono forme di produzione energetica molto più “leggere”.
- 79 grammi di CO2 equivalente per un kWh prodotto con il geotermico;
- 63 grammi per il solare a concentrazione;
- 60 grammi per i pannelli fotovoltaici sui tetti;
- 56 grammi per l’eolico onshore;
- 35 per quello offshore.
Dunque, tutte le fonti rinnovabili emettono meno CO2 rispetto al nucleare.
Una critica che si può sollevare contro le rinnovabili riguarda la produzione: è intermittente.
“Il sole non splende di notte e il vento non è costante.”
Ma le cose stanno cambiando.
Oggi i sistemi di stoccaggio sono sempre più economici ed efficienti.
Secondo diversi studi, il decennio appena iniziato è molto promettente per i sistemi di accumulo. Che faranno registrare una crescita del mercato del 30% da qui al 2030.
I limiti: nel Bel Paese e nel mondo
Le emissioni di gas serra non sono l’unico parametro da tenere in considerazione quando si parla di energia nucleare in Italia.
Proprio come nel resto del mondo.
Un problema fondamentale è quello dello smaltimento delle scorie radioattive.
In Italia viviamo tutt’ora il problema.
La Sogin, società incaricata dal governo di smantellare le centrali nucleari spente e chiuse dopo il referendum del 1986, ha pubblicato una mappa per l’individuazione di possibili aree.
Quelle idonee a ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive.
Tutti i territori selezionati si sono ribellati.
Proprio per la pericolosità che comporta ospitare questo tipo di rifiuti.
Legambiente, poi, ha definito “problematiche da non trascurare” quelle legate al rischio idrogeologico delle aree ritenute potenzialmente idonee.
Nei documenti della Sogin che mappano il territorio italiano vi sarebbero “vuoti conoscitivi non colmati o aggiornamenti non recepiti” in merito ai rischi idraulici, geografici e morfologici dei territori.
95mila tonnellate di materiale radioattivo, che si divide in:
- 78mila tonnellate di scorie “a bassa intensità”
- 17mila “ad alta intensità”.
Ovvero, scorie che rimarranno radioattive per i prossimi 300 anni.
Altre che richiedono migliaia di anni prima che perdano la loro carica radioattiva.
Nel piano italiano di smaltimento, inoltre, non c’è un’analisi del rischio di incidente in quello che sarà il deposito unico.
Secondo le linee guida di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) andrebbero verificate le conseguenze in merito:
“all’impatto radiologico in condizioni normali ed incidentali sulla popolazione e sull’ambiente”.
In Italia, tra l’altro, paghiamo un’accise che riguarda smantellamento e scorie del nucleare. E’ presente nella bolletta elettrica di ciascuno.
(Anche se il sostegno economico più consistente, lo forniamo attraverso i sussidi ambientalmente dannosi. Ogni anno “regaliamo” – almeno in Italia – 20 miliardi al comparto di petrolio e gas…non rinnovabili.)
Energia nucleare in Italia: impariamo dalla storia
Abbiamo ancora qualche mese di tempo…ma la Commissione europea ha deciso di ammettere nella tassonomia verde il gas e l’energia nucleare. In Italia e in tutta Europa questo elenco ci dice quali attività economiche possono essere considerate sostenibili.
(E compatibili con gli obiettivi climatici fissati a livello comunitario.)
Tali business potranno ricevere più facilmente finanziamenti…
Ma cosa ci ha insegnato la storia?
I disastri nucleari sono numerosi e indescrivibili.
Fukushima e Chernobyl, tra gli altri, sono stati classificati tra i peggiori disastri nucleari al mondo.
E gli effetti degli “incidenti” persistono ancora oggi.
Di recente, la Francia è stata attraversata da una densa nube di sabbia proveniente dal Sahara, contenente cesio-137. Frutto degli esperimenti nucleari condotti negli anni Sessanta.
Sempre il governo francese ha riconosciuto il “debito” nei confronti della Polinesia. Per i 30 anni di test nucleari condotti negli atolli del Pacifico. (Tra il 1966 e il 1996.)
Trentacinque anni dopo il disastro, la centrale di Chernobyl (Ucraina) torna a destare preoccupazione. Le emissioni di fissione…stanno aumentando.
A Fukushima il rilascio di grandi quantità di radiazioni ha contaminato una vasta area del nord del Giappone. Non solo.
L’anno scorso il governo giapponese ha comunicato di voler rilasciare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva trattata nell’oceano Pacifico. A partire dall’anno prossimo…
Queste sono solo alcune delle “cartoline dal mondo del nucleare” cui dovremmo ripensare.
Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia (con cesio).
L’innalzamento delle temperature, conseguenza del riscaldamento globale, metterà sempre più a dura prova i sistemi di sicurezza delle centrali.
Sia per via di eventi meteorologici estremi, che per l’aumento del consumo di acqua. Risorsa sempre più scarsa e preziosa.
Le centrali elettronucleari fanno affidamento su grandi quantità di acqua dolce. Per il raffreddamento del nocciolo.
Senz’acqua non funzionano correttamente. Sarebbero costrette alla chiusura…