Troppi turisti e affollamento in montagna
Il 2020 è stato l’anno del turismo in montagna: nessuna sorpresa, gli italiani hanno preferito restare in Italia a causa della pandemia da Covid-19, e tanti hanno preferito la montagna al mare, forse pensando di evitare gli affollamenti in spiaggia.
In realtà, la corsa al turismo montanaro ha fatto emergere tanti problemi, e ha posto all’attenzione di sindaci e presidenti di Regione l’annoso problema ambientale: è giusto accogliere tante persone, in zone in cui il turismo è spesso l’unica (o la più grande) fonte di sostentamento, o bisogna scegliere la montagna, e preservarla dalle orde di turisti, che mai come quest’anno hanno invaso strade ferrate e funive?
Montagna percepita come più sicura
Secondo uno studio JFC, la scelta delle vacanze quest’anno è stata fortemente condizionata da un fattore primario: la località deve apparire rassicurante dal punto di vista sanitario. E la montagna, forse a torto, è stata scelta da tantissimi come la meta più sicura.
“La maggior parte dei nostri connazionali – spiega Massimo Feruzzi, amministratore Unico di Jfc – considera le destinazioni montane e appenniniche più ‘sicure’ rispetto a quelle balneari: il 59,6%; tra le aree montane, la regione considerata con maggiore sicurezza sanitaria è il Trentino Alto Adige, seguito dalla Valle d’Aosta e dall’Abruzzo, mentre tra le destinazioni interpretate dagli italiani come con più sicurezza sanitaria vince Bolzano (1.891 punti), seguita da Cortina d’Ampezzo (1.666 punti) e Livigno ( 876 punti)”.
Seguono Aosta (764 punti), Sestriere (669 punti), Trento (643 punti), Asiago (611 punti), Roccaraso (602 punti), Courmayeur (567 punti), Madonna di Campiglio (544 punti) e Vipiteno (521 punti).
In realtà, l’affollamento in montagna in questo 2020 è stato decisamente importante.
Cosa è successo in queste settimane
Le montagne dell’Alto Adige ‒ ma anche in Trentino e Veneto ‒ in queste settimane sono state letteralmente prese d’assalto da una folla di turisti. Le immagini sono impressionanti: cordate di persone in fila, spesso senza mascherina né distanziamento, in attesa per ore. Un esempio eclatante è la foto del serpentone ai piedi del Piz Boè, montagna delle Dolomiti.
Una buona notizia dal punto di vista economico, ma forte è la preoccupazione delle guide alpine: “Servono delle regole, queste non sono cose sane per le nostre montagne”. Un altro esempio ancora è il Lago di Braies, affollatissimo già da fine giugno/luglio: un pienone da concerto, con turisti che si apprestano a percorrere il sentiero che segue l’argine del lago.
Per quanto riguarda Braies, nell’estate 2019 si registrarono quasi 400.000 visitatori nel solo mese di agosto. Così, la Provincia autonoma di Bolzano decise di vietare il transito alle automobili, una mossa che, sorprendentemente, contribuì a far crescere le visite addirittura del 30%.
Nel 2020, la giunta ha varato un piano per limitare la possibilità di sovraffollamento: nel sito naturalistico possono esserci al massimo 4.500 persone allo stesso momento, ma la realtà che mostrano le foto è ben diversa.
Nell’alto Alto Adige vivono poco più di 530mila persone, ma nella stagione 2018-2019 i pernottamenti sono stati 33,5 milioni. E quest’anno si prevede una crescita.
Un problema di sostenibilità
Ma l’affollamento in montagna non è solo un problema per l’andamento dei contagi. Guardando la cartina dell’Alto Adige appare ben chiaro che la questione della sostenibilità del turismo è sempre più importante: montagne e ghiacciai predominano nel territorio, il 40% di questo è occupato da aree protette e solo il 6% della sua superficie è abitabile.
Non a caso il mondo dell’ambientalismo si è rivolto di recente a voci autorevoli e rispettate come quella di Reinhold Messner. Lo scopo è imporre alcune misure volte a limitare gli accessi dei turisti. Secondo Messner, infatti, “le montagne richiedono silenzio, rallentamento e un paesaggio incontaminato”. E il turismo di massa degli ultimi anni sicuramente non ha portato né silenzio né rallentamento.
Il partito dei Verdi del Sudtirolo/Alto Adige si batte per una chiusura graduale dei passi Sella e Gardena. In altre zone sono stati già presi dei provvedimenti: Tirolo e Baviera hanno chiuso alcune strade di montagna alle moto il cui rumore supera i 95 decibel; in Trentino sui passi dolomitici alle moto è stato imposto un limite di sessanta chilometri all’ora.
Senza contare le ricadute di questo turismo sul mercato immobiliare: i prezzi delle case salgono da anni e in parecchi comuni i sindaci hanno proibito la vendita di appartamenti ai visitatori, a cifre che molti abitanti non si potrebbero permettere. Così si spopola una regione, e si aprono le porte al turismo incontrollato.
Troppa maleducazione e ignoranza in montagna
Il problema “turisti” è una gatta da pelare anche per quanto riguarda l’educazione alla montagna: sono troppe le persone che non hanno rispetto per l’ambiente alpino, che lasciano rifiuti ovunque, o che semplicemente per ignoranza mettono in atto comportamenti scorretti che mettono a rischio la flora e la fauna del luogo.
Basti pensare ai turisti che si avvicinano troppo agli animali selvatici solo per postare una foto su Instagram, mettendo a rischio la propria sicurezza e il benessere degli animali. L’anno scorso un caso eclatante, a Resia: un pastore tedesco ha spaventato un gregge, spingendo ottanta pecore in un dirupo.
Coldiretti Fvg ha lanciato un appello proprio per educare i turisti in montagna: “È un problema principalmente di educazione e di rispetto – afferma il presidente regionale della Coldiretti Michele Pavan –. Il turismo è fondamentale per la nostra economia e anche in quest’anno particolare, segnato dalla pandemia, le presenze in montagna sono servite a contenere la crisi di tante nostre aziende. Ma è anche giusto pretendere che gli ospiti si muovano nel territorio senza arrecare danni, facendo in particolare attenzione agli animali, bovini e ovicaprini, che sono principale fonte di sostentamento delle aziende”.
Qual è la situazione attuale
Luigi Casanova, Presidente onorario di Mountain Wilderness Italia, ha raccolto le sue riflessioni in una lettera che ha scelto di intitolare “La montagna che scoppia”: “La situazione di oggi, dopo l’esperienza Covid della primavera, è drammatica e visibile a tutti. La pandemia non ha insegnato nulla, né al mondo politico né ai cittadini, la montagna evidenzia i segnali dello sfinimento. Da giorni si deve chiudere la strada che porta alle Tre Cime di Lavaredo fin dalle 8 di mattina. I laghi famosi, Braies, Tovel, Sorapis, Carezza, sono travolti dall’eccesso di persone e di auto”.
Per questo, secondo Casanova, è necessario intervenire con misure impositive. “Togliere parcheggi sui passi, ridurre quelli esistenti in prossimità dei luoghi più frequentati, obbligare gli ospiti a fermare le loro auto presso le abitazioni o gli alberghi e servirsi negli spostamenti solo dei mezzi pubblici. E dove necessario, imporre finalmente il numero chiuso, ai laghi, ai passi, alle vette più famose, alle funivie e seggiovie. Come del resto avviene da tempo in tanti paesi civili: nei parchi americani e africani, a Disneyland, nelle città d’arte e altrove”.
I consigli per una montagna vivibile
Riportiamo le regole del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) per vivere la montagna al meglio, e far sì che l’esperienza sia positiva per tutti:
- I rifiuti si riportano sempre a valle, non si abbandonano sui prati (no, nemmeno gli scarti organici come le bucce di banana) e non si lasciano ai rifugi.
- Evitiamo gli schiamazzi inutili.
- Sui sentieri, come da tradizione, ci si saluta sempre quando si incontra qualcuno.
- Mascherina sempre indossata in caso di assembramenti importanti e dentro i rifugi.
- I rifugi, nella maggioranza dei casi, non sono come i bar o i ristoranti in città. È sempre preferibile scegliere piatti simili nella stessa tavolata per evitare che le piccole cucine abbiano difficoltà a soddisfare tutti.
- Le escursioni non vanno organizzate in funzione della notorietà su Instagram, ma chiedendo consigli e consultando le guide del posto così da trovare il percorso più adatto alla propria forma fisica e alle proprie competenze tecniche.
- Quando un elicottero è in volo a bassa quota significa che sta cercando di individuare un ferito in quella zona. Evitiamo di salutarlo o di sbracciarci con giacche o fazzoletti facendo credere all’equipaggio che siate voi ad avere necessità di aiuto. Attenzione ai droni che sono pericolosissimi per gli elicotteri.
- Infine l’ingrediente più importante: il buon senso che deve sempre accompagnare qualsiasi escursione in media e alta montagna.