Microplastiche in mare: cause e conseguenze
Microplastiche in mare!?
“Che sarà mai…”
Potrebbe rispondere così una parte di noi. Che pur non essendo fan del negazionismo climatico, semplicemente non riesce ad accettare la gravità di certe condizioni.
Ma prima di addentrarci nel discorso. Raccontare cosa sono le microplastiche, cosa possiamo fare noi…
Sappiate che ad attenderci non ci sono soltanto allarmismo o cattive notizie.
Purtroppo, l’inquinamento dovuto alla (nostra) plastica rischia di rendere la Terra inabitabile.
Questo è vero.
(Lo rivela, tra gli altri, un report pubblicato a gennaio 2022 dalla ong Environmental investigation agency.)
Ma è vera anche un’altra cosa!
Quasi duecento nazioni lavorano alla redazione di un trattato internazionale. Volto alla riduzione di tale inquinamento.
Quindi, grazie all’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unea), sappiamo che la risoluzione si basa su tre proposte. Presentate da:
- India;
- Giappone;
- Perù e Ruanda.
…quest’ultima ha ricevuto il sostegno maggiore!
Il voto da parte dell’Assemblea è stato seguito da una standing ovation di circa un minuto.
E il Wwf descrive la decisione come una delle iniziative ambientali più ambiziose al mondo dal 1989.
(Anno in cui entrò in vigore il Protocollo di Montreal per eliminare le sostanze dannose per l’ozono.)
Nonostante il conflitto in corso, delegati russi e ucraini erano presenti all’incontro, in Africa.
La cooperazione della Russia risulta indispensabile. Lì la produzione di plastica è aumentata del 64% negli ultimi cinque anni.
Tra l’altro, è accusata di aver utilizzato sostanze chimiche tossiche per produrre le materie plastiche. (Insieme a Cina e Indonesia.)
Il rapporto è dell’International pollutants elimination network (Ipen).
“Un paese da solo non può far fronte a un problema così grande, a prescindere dalla bontà delle sue politiche.”
Dichiara il professor Steve Fletcher, consulente del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).
Quello della plastica: è un problema che non ha confini.
Come arrivano le microplastiche nel mare?
Di tutta la plastica riversata in mare, microplastiche e nanoplastiche rappresentano il 6%.
Per il 94% si tratta di macroplastiche.
Plastica in mare?
Si, proprio così.
È nel rapporto dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn). Nel bacino del Mediterraneo verrebbero scaricate ogni anno quasi 230mila tonnellate di plastica.
Secondo il “The Mediterranean: Mare Plasticum” l’Italia è tra i maggiori responsabili. Insieme a Egitto e Turchia.
Sono diversi i motivi di quest’inquinamento.
Per esempio:
- impatto del turismo di massa;
- navigazione mercantile;
- raccolta non sempre corretta dei rifiuti. (Dispersi, trasportati dai fiumi, finiscono in mare.)
Sapevate che tra la Corsica e l’isola d’Elba esiste un nuovo lembo di “terra”!? Un’isola di plastica, rintracciata da Greenpeace.
Simile a quella presente da anni nel Pacifico.
…ma questa è un’altra storia!
(“Cosa vuoi che sia un’isoletta di plastica qui e là tra mari e oceani…!?”)
Torniamo, quindi, alle microplastiche.
Danno enorme per la salute degli ecosistemi e la nostra.
Dove nascono le microplastiche? Sono “briciole” di polimeri grandi, detti “plastiche prime”.
Si chiamano così perché sono molto piccole. Il diametro è compreso tra i 330 micrometri e i 5 millimetri.
La loro pericolosità per la salute è dimostrata. (Per chi avesse dubbi, da diversi studi scientifici.)
I danni più gravi si registrano negli habitat marini ed acquatici.
(La Fao, però parla anche del suolo, fortemente inquinato dalla plastica. La situazione è altrettanto grave in termini di sicurezza alimentare. Nonostante le alternative alla plastica esistano!)
Comunque, il fatto è che la plastica si discioglie in frammenti per molte ragioni. Dall’effetto dei raggi ultravioletti al vento. Dalle onde, ai microbi, alle alte temperature.
A prolungarne la frammentazione concorrono gli additivi chimici utilizzati in produzione.
Ebbene, le particelle più piccole (le nanoplastiche) sono impossibili da campionare con le attrezzature a disposizione.
(Sappiamo ancora poco.)
Inquinamento da microplastiche in mare
Il parlamento Europeo afferma che le quantità di microplastiche nel mare e negli oceani sono in aumento.
Infatti, nel 2017 l’ONU ha dichiarato che ci sono 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari.
500 volte più numerose delle stelle nella nostra galassia.
(Forse non ci bastavano quelle…)
Ma questa è un’ovvia conseguenza!
Cos’è successo dagli anni Trenta alla prima decade del Duemila?
La produzione mondiale di plastica è passata da 1,5 milioni di tonnellate a oltre 280 milioni di tonnellate.
La crescita è del 38% negli ultimi 10 anni.
Abbiamo davvero bisogno di tutta questa plastica?
(Consideriamo per un attimo il movimento Zerowaste. Anche in Italia, ci sono persone che vivono -praticamente- senza produrre rifiuti.)
Altra conseguenza logica!?
Più plastica viene utilizzata, più ne viene buttata nei mari (direttamente o indirettamente).
Almeno otto milioni di tonnellate l’anno, secondo Greenpeace.
Se siete curiosi di sapere qual è l’impatto…sappiate che quello delle microplastiche è solo una parte.
Queste, per dirne una, quando vengono inghiottite dagli animali marini possono raggiungere tranquillamente la nostra tavola.
Le microplastiche sono state trovate negli alimenti e nelle bevande, compresi birra e miele.
Addirittura, nell’acqua del rubinetto. Nell’aria!
Sono state trovate particelle di plastica anche nelle feci umane.
Sempre dal sito del parlamento europeo (2018) si legge che gli effetti sulla salute sono ancora ignoti.
Davvero!?
…forse quattro anni fa non c’erano ancora sufficienti studi in materia.
Ma, spesso la plastica contiene additivi. Agenti stabilizzatori o ignifughi, e possibili sostanze chimiche tossiche.
Secondo voi, quindi, le microplastiche possono essere dannose per gli animali o gli umani che le ingeriscono?
Che problemi causano?
Ad ingerire le microplastiche sono, in particolare: plancton, invertebrati, pesci, gabbiani, squali e balene.
La plastica nella catena alimentare modifica inevitabilmente la nostra vita.
Il 15-20% delle specie marine che finiscono nel nostro piatto contengono microplastiche.
(Secondo l’Ispra. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.)
Per l’Università nazionale d’Irlanda, che pesca nel mare del nord, la percentuale salirebbe al 73%.
Secondo alcuni esperti, dunque, gli inquinanti rilasciati dalle microplastiche, finendo nel nostro organismo potrebbero interferire con il sistema endocrino umano.
Fino a produrre alterazioni genetiche…
In particolare, grandi preoccupazioni derivano dalle elevate concentrazioni di agenti come gli inquinanti organici persistenti (Pop).
Chiamati così perché tossici e resistenti alla decomposizione.
Tra questi: policlorobifenili (Pcb) e diclorodifeniltricloroetano (ddt).
Secondo i dati dell’International pellet watch, grandi quantità di Pcb sono state rilevate sulla costa settentrionale della Francia.
Nel frattempo, ingenti tracce di ddt sono state trovate sulla costa dell’Albania.
Dunque, sebbene siano altre le zone dove si accumula la maggior parte di plastiche in mare, gli inquinanti vengono trasportati ovunque.
Tania Pelamatti, biologa marina, è tra gli studiosi dell’impatto dei rifiuti plastici negli oceani.
Per quanto riguarda gli animali, racconta che spesso questi muoiono di fame con lo stomaco pieno di plastica.
(La scambiano per cibo. E può causare blocchi intestinali, perforazioni…senso di sazietà.)
Poi, oltre agli effetti visibili, ce ne sono altri, subdoli.
Su cui la ricerca si sta concentrando.
E torniamo al punto!
La plastica (in mare) può concentrare sulla sua superficie tantissime sostanze inquinanti che poi vengono rilasciate nello stomaco degli animali.
“Queste sostanze possono poi accumularsi nei tessuti degli organismi e ripercuotersi negativamente sulla loro salute e su quella di chi se li mangia.”
(“…ma cosa vuoi che sia un po’ di DDT!?”)
Microplastiche: soluzioni sostenibili (per tutti)!
Diminuire la produzione di microplastiche è fondamentale per il benessere nostro e degli ecosistemi. Ed è possibile!
Grazie alle tecnologie attuali, frutto di anni di ricerca e sviluppo, per esempio, possiamo rimuovere meccanicamente molti di questi frammenti microscopici.
Dai mari, dai fiumi e dai laghi.
Ma la tecnologia non può fare tutto da sola. C’è bisogno anche del nostro contributo.
La buona notizia è che, è meno difficile di quanto immaginiamo.
Basta seguire semplici accorgimenti!
1)Evitare i cosmetici che contengono microplastiche.
Secondo l’Onu, per individuare i prodotti che contengono microplastiche basta fare attenzione all’etichetta. Se contengono polyethylene (Pe), polymethyl methacrylate (Pmma), pylon, polyethylene terephthalate (Pet), polypropylene (Pp) meglio cosmetici ecologici certificati.
2)Acquistare detergenti ecologici per la casa.
Controlliamo che tra gli ingredienti non vi siano materie plastiche. Scegliamo detergenti ecologici, con materie prime di origine vegetale.
3)Ridurre i capi e i tessuti di origine sintetica e usare la retina per la lavatrice.
Ogni capo d’abbigliamento, al momento del lavaggio, rilascia microfibre. Secondo una ricerca condotta da Cnr-Ismar, il 10% delle microfibre che si trovano in mare sono di origine sintetica (microplastiche). La soluzione è riempire l’armadio prevalentemente con capi di origine naturale. (Cotone, lana, lino, canapa.) Lo stesso consiglio vale per i tessuti d’arredo, come tende e cuscini.
4)Evitare la plastica in generale, specialmente se è usa e getta.
Le microplastiche sono anche il risultato della decomposizione degli oggetti che utilizziamo quotidianamente. Preferiamo alternative naturali e/o durevoli.
Per esempio, per l’acqua è meglio la borraccia. Esiste anche piccola, da 300 ml.
In generale, scegliamo bottiglie riutilizzabili (anche in plastica riciclata). Da smaltire, però, correttamente nella differenziata della plastica una volta arrivate a fine vita.
Beh, oggi è un giorno speciale: Buona Giornata della Terra 2022 a tutti!
Potrebbe essere il giorno migliore per iniziare…a piccoli passi…con amore.